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Fonte: CdS, Documento, 20-12-2017»

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Insufficienza del diploma magistrale per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento
ex art. 1, comma 605, lett. c), l. n. 296 del 2006 Cons. St., A.P., 20 dicembre 2017, n. 11

Processo amministrativo – Termine per l’impugnazione – Dies a quo – Piena conoscenza – Individuazione – Erroneo convincimento infondatezza pretesa – Irrilevanza – Annullamento dell’atto impugnato da terzi – Estensione ai non ricorrenti – Esclusione - Limiti - Limiti.

Pubblica istruzione – Graduatorie ad esaurimento - Diploma magistrale - Titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento ex art. 1, comma 605, lett. c), l. n. 296 del 2006 – Esclusione.

Il termine per impugnare il provvedimento amministrativo decorre dalla piena conoscenza dell’atto e dei suoi effetti lesivi e non assume alcun rilievo, al fine di differire il dies a quo di decorrenza del termine decadenziale, l’erroneo convincimento soggettivo dell’infondatezza della propria pretesa; deve, pertanto, escludersi, fatta eccezione per l’ipotesi degli atti plurimi con effetti inscindibili, che il sopravvenuto annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo possa giovare ai cointeressati che non abbiano tempestivamente proposto il gravame e, per i quali, pertanto, si è già verificata una situazione di inoppugnabilità, con conseguente “esaurimento” del relativo rapporto giuridico (1).

Il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall’art. 1, comma 605, lett. c), l. 27 dicembre 2006, n. 296 (2).

(1) Ha chiarito l’Alto Consesso che, diversamente opinando, si arriverebbe all’inaccettabile conclusione che il termine per impugnare un provvedimento decorra solo dal momento in cui in sede giurisdizionale (o di ricorso straordinario) viene accertata la sua illegittimità, con la conseguenza che l’accoglimento di un ricorso (anche avvenuta a distanza di anni dall’adozione del provvedimento lesivo) rimetterebbe tutti i cointeressati che non hanno tempestivamente impugnato in termini per proporre a loro volta il gravame.

Ha aggiunto che una posizione così radicale è del tutto estranea al dibattito dottrinale e giurisprudenziale sull’individuazione del dies a quo del termine per proporre ricorso giurisdizionale. Nell’ambito di tale dibattito, anche le posizioni più sensibili ad assicurare l’effettività del diritti di azione e di difesa del privato, non si spingono sino al punto di pretendere il riconoscimento in sede giurisdizionale della fondatezza della pretesa vantata da soggetti in posizione analoga per far decorrere il termine per impugnare l’atto amministrativo, limitandosi semmai a sostenere la necessità che il privato abbia (almeno) la possibilità di percepire l’illegittimità dell’effetto lesivo. Ma tale possibilità di conoscenza certamente prescinde dall’esistenza di precedenti giurisprudenziali specifici che abbiano già dichiarato l’illegittimità di quell’atto nell’ambito di diversi giudizi instaurati da altri cointeressati.

Una diversa conclusione porterebbe a riconoscere irragionevolmente all’annullamento di una norma regolamentare (o di un atto amministrativo generale o, comunque, di un atto amministrativo plurimo) un’efficacia retroattiva persino più dirompente di quella che caratterizza le sentenze di illegittimità costituzionale della legge (e degli atti equiparati), la cui retroattività pacificamente incontra il limite dei “rapporti giuridici esauriti”, fra i quali certamente rientra l’inoppugnabilità del provvedimento amministrativo derivante dallo spirare del termine di decadenza. Si finirebbe, inoltre, per rimettere l’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine decadenziale ad un elemento di natura soggettiva e giuridicamente irrilevante, quale l’error juris, nel senso che l’erroneo convincimento soggettivo dell’infondatezza della propria pretesa precluderebbe la decorrenza di detto termine, anche quando ci sia piena conoscenza del contenuto del provvedimento e dei suoi effetti lesivi.

Pertanto, fatta eccezione per l’ipotesi degli atti plurimi con effetti inscindibili (che qui non vengono in considerazione), deve escludersi l’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo possa giovare ai cointeressati che non abbiano tempestivamente proposto il gravame e, per i quali, pertanto, si è già verificata una situazione di inoppugnabilità, con conseguente “esaurimento” del relativo rapporto giuridico.

(2) Ha chiarito l’Alto Consesso che manca una norma che riconosca il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 come titolo legittimante l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento.

Non può richiamarsi, a tal fine, il d.P.R. 25 marzo 2014 in quanto in esso si riconosce esclusivamente il valore abilitante del titolo ai fini dell’inserimento nella II fascia delle graduatorie d’istituto e non anche ai fini dell’inserimento nelle GAE. In particolare, nel detto parere non è stata riconosciuta la possibilità di accesso dei docenti in questione nelle graduatorie ad esaurimento per la preclusione normativa sussistente al riguardo, ovvero per non essere stata rappresentata in tempo utile la possibilità di inserimento degli stessi nelle graduatorie permanenti, con conseguente tardività dell’impugnativa sotto tale profilo.

Ugualmente, l’invocato valore abilitante (inteso, secondo la tesi dei ricorrenti, come requisito di per sé sufficiente a consentire l’inserimento nelle graduatorie permanenti) non può ricavarsi nemmeno dalla previsione contenuta nell’art. 15, comma 7, d.P.R. 23 luglio 1998, n. 323.

La conclusione che emerge dal dato normativo (nel senso dell’insufficienza del mero possesso del diploma magistrale per l’inserimento nelle GAE) risulta, del resto, confortata da argomenti di carattere sistematico e teleologico.

Sotto il profilo sistematico, deve, infatti, evidenziarsi che sin dalla loro originaria configurazione le graduatorie permanenti (poi trasformate in graduatorie ad esaurimento) sono state riservate a docenti che vantassero un titolo abilitante ulteriore rispetto al titolo di studio: il superamento di un concorso per titoli ed esami oppure il superamento di una sessione riservata d’esami per coloro che avessero prestato servizio per almeno 360 giorni a decorrere dall’a.s. 1994-1995.

Gli interventi normativi succedutesi nel tempo, pur ampliando la platea dei soggetti legittimati ad iscriversi, hanno, comunque, sempre fatto riferimento a categorie di docenti muniti di un titolo abilitante ulteriore rispetto al titolo di studio.


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Ultimo aggiornamento (Giovedì 21 Dicembre 2017 08:02)